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L’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 338 del 10 settembre 2020 ricorda che nell’ambito del welfare aziendale, l’espressione “categorie di dipendenti” non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel codice civile ma a tutti i dipendenti di un certo tipo, ad esempio di un certo livello o qualifica oppure appartenenti ad un gruppo omogeneo.

I chiarimenti forniti dall’Agenzia riguardano l’erogazione tramite piattaforma digitale di opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, individuati dall’articolo 51, comma 2, lettera f) del TUIR a favore dei lavoratori dipendenti, ivi compresi i familiari degli stessi.

Ai fini delle imposte sui redditi il citato articolo elenca le somme e i valori erogati, anche da terzi, in relazione al rapporto di lavoro dipendente, che in tutto o in parte sono esclusi dal reddito imponibile del lavoratore, in deroga al principio generale dell’onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente.

L’Amministrazione finanziaria ha più volte precisato che perché si determini l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente delle prestazioni di welfare aziendale devono ricorrere congiuntamente le seguenti condizioni riguardanti le opere e i servizi:

  • la messa a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti;
  • devono riguardare esclusivamente erogazioni in natura e non erogazioni sostitutive in denaro;
  • il perseguimento di specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale o culto.

Non è infatti riconosciuta l’applicazione di quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 51 del TUIR nei casi in cui le somme, opere, servizi e prestazioni ivi indicati sono rivolti ad personam, ovvero costituiscono vantaggi solo per alcuni lavoratori ben individuati. Pertanto, l’espressione “categorie di dipendenti” utilizzata dal legislatore non va interpretata come riferimento alle sole categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai, quadri, impiegati,…) ma in senso più ampio in riferimento a tutti i dipendenti di un certo tipo, ovvero ad un gruppo omogeneo di dipendenti. In tal caso l’erogazione dei citati opere e servizi determinerà dei benefit che non concorreranno alla formazione del reddito da lavoro dipendente.

L’Amministrazione finanziaria ha analizzato quando i documenti emessi ai sensi dell’articolo 51, comma 3-bis del TUIR presentano le caratteristiche proprie dei “buoni corrispettivo” di cui alla Direttiva UE 2016/1065 del Consiglio del 27 giugno 2016 “Direttiva voucher”.

Per buono-corrispettivo si intende uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative.

La citata direttiva stabilisce quali sono gli elementi essenziali di un buono-corrispettivo:

  • l’obbligo di essere accettato dal potenziale fornitore come corrispettivo o parziale corrispettivo di una cessione di beni o di una prestazione di servizi;
  • l’indicazione dei beni/servizi che consente di acquistare o, in alternativa, l’identità dei potenziali fornitori.

Oltre agli elementi sopra indicati sono essenziali la nominatività, l’intrasferibilità, l’esatta individuazione dei beni o servizi cui il beneficiario ha diritto, la copertura totale del corrispettivo nonché le strutture convenzionate.

Non rientrano, nell’ambito di applicazione della normativa comunitaria in materia di voucher i titoli di trasporto, i biglietti di ingresso a cinema e musei, i francobolli e simili, i buoni sconto (ossia quegli strumenti che conferiscono al titolare il diritto a uno sconto all’atto dell’acquisto di beni o servizi, ma che non danno diritto a ricevere detti beni o servizi).