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Secondo le conclusioni della Ctr Piemonte (presidente Giusta, relatore Mina) nella sentenza 1412/3/2018 del 18 settembre, la vendita di un patrimonio artistico da parte di un collezionista, avvenuta molto tempo dopo aver effettuato i relativi diversi acquisti, non integra attività di tipo imprenditoriale.

La controversia scaturisce dall’impugnazione di un avviso di accertamento, attraverso il quale l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione 60.000,00 euro, che un contribuente aveva ricavato dalla vendita nel 2010 e 2011 di opere d’arte di sua proprietà. Secondo l’opinione del Fisco si era trattato, infatti, di alienazioni riferibili all’esercizio di attività commerciale perché aventi i requisiti di abitualità e professionalità. La Ctp, accogliendo il ricorso, aveva annullato l’avviso. Le Entrate hanno allora presentato appello sostenendo che, in base a quanto previsto dagli articoli 4 del Dpr 633/72 e 55 del Tuir, l’acquisto e la rivendita di opere d’arte integrano gli estremi dell’attività di impresa. Inoltre si era trattato di vendite avvenute anche negli anni precedenti a quello oggetto di accertamento, portando il contribuente a ricavare un importo complessivo di circa 600.000,00 euro. Per contro, l’appellato ha sostenuto di aver acquistato le opere d’arte nel corso di quarant’anni, “con intento non speculativo, ma di collezionismo”, e di essere stato costretto a rivenderle per poter far fronte a sopravvenute vicende giudiziarie.

Il ricorso viene respinto in quanto la Ctr rileva che l’Agenzia aveva ritenuto esistente un’attività commerciale facendo riferimento al solo presupposto degli introiti dichiarati dal contribuente dopo le vendite in discussione. Secondo la Commissione d’appello tutto ciò è insufficiente perché si possa affermare la sussistenza dello “svolgimento professionale di un’attività economica finalizzata alla produzione e/o allo scambio di beni e servizi” (articolo 2082 del Codice civile).

Infatti, “un conto è la dismissione di opere d’arte”, avvenuta in modo massiccio molto tempo dopo le relative acquisizioni, “altra cosa è lo svolgimento di un’attività imprenditoriale” nell’ambito della compravendita di opere d’arte. La prima non è soggetta a tassazione in quanto è “normale che un collezionista acquisti e venda opere d’arte allo scopo di arricchire la propria collezione”; in conclusione quindi la creazione di una collezione d’arte non integra “la ripetizione di atti di commercio”, propria dell’esercente professionale di un’attività imprenditoriale.

Inoltre, l’Agenzia non aveva provato il carattere abituale e professionale dell’operato del contribuente, il quale, a sua volta, aveva dimostrato di aver effettuato gli acquisti “in ambito meramente culturale” e in “ottica amatoriale” in quarant’anni, documentando anche la scelta di rivendere il proprio patrimonio artistico.

La Ctr ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui era stata esclusa la ripresa a tassazione dei proventi delle vendite.