Nel corso del 2016, le sentenze della Corte di Cassazione hanno affermato una serie di rilevanti principi in materia di deducibilità delle quote di ammortamento.
Le ultime pronunce della Cassazione hanno stabilito una serie di importanti principi in tema di deducibilità delle quote di ammortamento.
La sentenza n. 7885/2016 ribadisce il principio contenuto nell’articolo 102, comma 6, del TUIR (DPR n. 917/1986), vale a dire la possibilità per il contribuente di scegliere liberamente di imputare le spese di manutenzione a incremento del costo ammortizzabile oppure dedurle entro il plafond del 5%. Il caso riguardava le spese di rifacimento del tetto e di manutenzione di uno stampo.
In seguito, la Suprema Corte, con la sentenza 24385/2016, ha affermato che la mancata annotazione delle quote di ammortamento nel libro cespiti ne determina l’indeducibilità. Nella stessa direzione si erano già espresse le sentenze n. 1241/2006 e 9876/2011. La corretta indicazione delle quote di ammortamento nel libro dei beni ammortizzabili è un adempimento di carattere sostanziale che consente l’attività di accertamento, permettendo di evitare prassi elusive e distorte.
Le annotazioni delle quote di ammortamento da eseguire nel libro dei cespiti ammortizzabili, in base all’articolo 2 del DPR 695/1996, possono essere effettuate anche nel libro degli inventari e, per le imprese minori nel registro acquisti tenuto ai fini dell’IVA: il principio affermato dalla Corte si applica, quindi, anche alle annotazioni “sostitutive” da eseguire in tali registri.
Nella sentenza n. 9834/2016, la Cassazione ha stabilito inoltre l’estensione dell’obbligo di conservazione delle fatture di acquisto dei beni strumentali oltre il termine decennale previsto dall’articolo 2220 del Codice civile in materia di conservazione delle scritture contabili. L’ampliamento di tale periodo si verifica, però, “solo se l’accertamento che sia iniziato prima del decimo anno, non sia stato ancora definito”.
Si ricorda infine che l’Agenzia delle Entrate con le circolari 10/E e 27/E del 2005 ha affermato che le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione sono capitalizzabili a incremento del valore dei relativi beni solo nel caso in cui si riferiscano a migliorie, modifiche, ristrutturazioni o rinnovamenti dei cespiti esistenti e sempre che diano luogo a un incremento significativo e misurabile di produttività, vale a dire prolunghino la vita utile del bene (spese di manutenzione straordinaria). In tale ipotesi, gli ammortamenti vanno computati sull’intero valore incrementato del bene come affermato dalla circolare 98 del 2000 della stessa Agenzia.