tel. 049.8763120 - fax. 049.8752942 segreteria@zagarese.net

Con la sentenza n. 21569 depositata il 26 ottobre 2016, la Corte di Cassazione chiarisce che ai fini dell’imposta di registro le quotazioni Omi non possono da sole fondare la pretesa degli uffici.

I giudici della Suprema Corte con la sentenza n. 21569, depositata il 26 ottobre scorso, hanno chiarito che anche ai fini dell’imposta di registro le quotazioni Omi sono mere presunzioni che di per sé non possono fondare la pretesa impositiva.

I fatti riguardavano un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate rettificava il valore indicato in un atto di compravendita di un ufficio con annesso magazzino, liquidando contestualmente la maggior imposta di registro, ipotecaria e catastale.

L’accertamento era fondato esclusivamente sul mero riscontro dei dati Omi, ovvero delle quotazioni di mercato degli immobili rilevate, con cadenza semestrale, dall’Osservatorio del mercato immobiliare, istituito presso l’Agenzia delle Entrate. Tali dati includono, un intervallo di valori di mercato, compresi tra un minimo e un massimo, riferiti ad unità immobiliari, ubicate nella medesima zona omogenea. Nel caso specifico, sulla base di tali quotazioni, il prezzo di compravendita dichiarato in atto era inferiore al valore presente sul mercato per immobili della stessa tipologia e inseriti nello stesso ambito territoriale.

I giudici di legittimità hanno affermato prima di tutto che l’onere probatorio, in tema di imposte derivanti dalla compravendita di immobile, incombe sull’ufficio, il quale deve accertare il valore venale in comune commercio cui applicare la conseguente tassazione. La base imponibile deve considerare la natura, la consistenza e l’ubicazione dei beni, oltre che le caratteristiche delle aree, anche in relazione allo strumento urbanistico e allo stato delle opere di urbanizzazione, oggetto del confronto. La comparazione deve avvenire con immobili similari trasferiti non oltre il triennio precedente.

La Corte, richiamando una serie di precedenti in questo senso, ha ricordato che le quotazioni Omi non costituiscono fonte tipica di prova, ma strumento di ausilio e indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, idonee solo per “valori di massima” (Cassazione 25707/2015). La Cassazione ha così annullato l’accertamento.

La decisione appare particolarmente importante poiché gli uffici tendono ad utilizzare in via quasi automatica le presunzioni Omi per le rettifiche ai fini del registro. Secondo le indicazioni fornite ora dalla Cassazione, invece, il valore di mercato va documentato dovendo l’ufficio produrre ulteriori elementi.

È da rilevare, inoltre, come l’Agenzia delle Entrate con la circolare 16/2016 ha confermato tale interpretazione, precisando che l’Omi deve rappresentare solo il dato iniziale, poiché occorrono il confronto con immobili similari e una valutazione delle caratteristiche.