Con la risposta a interpello 18.6.2019 n. 197, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che non sono deducibili le perdite su crediti prescritti se, dai fatti e dalle circostanze evincibili in concreto, l’inattività della società creditrice (tramite la mancata attivazione di iniziative di recupero) sottende una volontà liberale. In seguito alle modifiche introdotte dal DL 83/2012 all’art. 101 co. 5 del TUIR, gli elementi certi e precisi, atti a consentire la deducibilità delle perdite su crediti, sussistono anche quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. La descritta modifica normativa è applicabile già dal periodo d’imposta in corso al 12.8.2012 (data di entrata in vigore della L. 134/2012, di conversione del DL 83/2012), vale a dire dal 2012 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare). Peraltro, la circ. Agenzia delle Entrate 1.8.2013 n. 26 (§ 5) ha affermato che la disposizione ha, di fatto, efficacia interpretativa, considerato che già in passato “la prescrizione del credito costituiva un elemento certo e preciso cui far conseguire la deduzione della perdita”. Per quanto sopra, la successiva circ. 14.5.2014 n. 10 (§ 4.1) ha precisato che deve considerarsi corretto il comportamento del contribuente che, già prima del 2012, ha dedotto la perdita nel periodo di prescrizione del credito. Sempre secondo la citata circ. 14.5.2014 n. 10 (§ 4.1), resta salvo il potere dell’Amministrazione finanziaria di contestare che l’inattività del creditore abbia corrisposto a un’effettiva volontà liberale, disconoscendo così l’avvenuta deduzione della perdita. Prendendo spunto da tale chiarimento, la risposta a interpello 18.6.2019 n. 197 ha negato alla società istante la facoltà di deduzione delle perdite su crediti prescritti perché, ad avviso dell’Agenzia, dagli specifici fatti e circostanze addotti nella richiesta di interpello, l’inattività della società creditrice evidenziava una volontà liberale, tale da comportare l’indeducibilità delle perdite. In particolare, nel caso di specie, l’istante, pur effettuando numerosi incontri e solleciti per l’incasso dei crediti insoluti, non ha posto in essere atti o comportamenti interruttivi della prescrizione (es. costituzione in mora del debitore tramite intimazione o richiesta fatta per iscritto), adducendo come motivazione la circostanza di privilegiare il mantenimento dei rapporti commerciali basati su una “gestione informale”, in considerazione della prassi di mercato operante nel Paese estero di residenza del debitore. Tale comportamento inattivo ha sì comportato la sopraggiunta prescrizione dei crediti vantati, ma, ad avviso dell’Agenzia, celando una volontà liberale inidonea a rendere deducibile la perdita. Secondo l’Agenzia, la deducibilità della perdita per intervenuta prescrizione del credito potrebbe ammettersi laddove l’istante acquisisca evidenze probatorie comprovanti lo stato di effettiva insolvenza dei debitori stranieri; considerate le specifiche circostanze della fattispecie in esame, tali evidenze escluderebbero ogni intento liberale derivante dall’inattività dell’istante nella riscossione dei crediti scaduti.