Con l’articolo 13 comma 5 seconda parte del DLgs. 471/97 il legislatore ha definito il credito inesistente come quello “in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante” la liquidazione automatica della dichiarazione.
In riferimento alla disposizione oggetto di analisi, si rileva che la contestazione di inesistenza del credito d’imposta presuppone la mancanza di un elemento costitutivo. Sulla base di queste premesse risulta necessario capire la legittimità degli atti tramite i quali l’Agenzia delle Entrate nega la compensazione di un credito d’imposta, ritenuto esistente, non per mancanza dei requisiti richiesti per fruire del credito d’imposta stesso, ma solo per la mancata compilazione del quadro RU del modello REDDITI.
Se il credito è inesistente (non solo “non spettante”), le sanzioni vanno dal 100% al 200% del credito indebitamente compensato, le somme sono iscritte di diritto nei ruoli straordinari; l’avviso di recupero è sostanzialmente soggetto a termini raddoppiati e non è ammissibile la riduzione delle sanzioni a un terzo.
Nella circolare dell’Agenzia delle Entrate del 27 aprile 2017 n. 13 viene affermato che, in relazione al credito d’imposta per ricerca e sviluppo ex DL 145/2013 “per quanto concerne gli obblighi dichiarativi – che si ricorda consistere, in sostanza, nell’indicazione del credito di imposta nel quadro RU del modello di dichiarazione relativo al periodo di imposta in cui sono stati realizzati gli investimenti agevolati, nonché nel quadro RU dei modelli di dichiarazione relativi ai periodi d’imposta successivi, fino a quello nel corso del quale se ne conclude l’utilizzo – si osserva che né l’articolo 3 né il decreto attuativo prevedono l’indicazione in dichiarazione a pena della decadenza dal diritto di agevolazione”.
L’indicazione del credito d’imposta nel quadro RU del modello REDDITI è elemento che può essere richiesto a pena di decadenza sia dalla legge che dai regolamenti attuativi. Nel caso in cui tale adempimento non risulti necessario, la violazione, come indicato nella citata circolare, è solo formale (per la quale vi è la sanzione fissa di cui all’art. 8 del DLgs. 471/97).
Per quanto riguarda altre situazioni, si può ritenere che il regolamento attuativo, non avendo “copertura” normativa adatta, non possa prevedere l’indicazione “a pena di decadenza” in dichiarazione, e chiederne di conseguenza la disapplicazione al giudice tributario.
Nell’ipotesi in cui sussistano le condizioni di legge per affermare che, dalla mancata indicazione del credito nel quadro RU del modello REDDITI sia legittimo il disconoscimento della compensazione con recupero del credito unitamente a sanzioni e interessi, si ritiene che il credito non possa mai definirsi inesistente sempre che il contribuente sia in grado di dimostrare l’effettività dello stesso.
In sostanza, la mancata compilazione del quadro RU anche se prevista a pena di decadenza del credito, rimane pur sempre una violazione formale che, secondo una scelta del legislatore che potrebbe essere strumentale a rendere più efficienti i controlli, si erge a condizione di utilizzo dello stesso.
In conclusione, non indicare in dichiarazione un credito esistente e documentato, non può che integrare la fattispecie di “violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti”.