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Risulta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2500-bis c.c., per violazione degli artt. 3e 24 Cost., nella parte in cui, per la trasformazione da S.r.l. a S.p.A., diversamente da quanto accade per le operazioni di fusione e scissione, non prevede che l’atto possa essere stipulato, col suo effetto sanante, solo dopo sessanta giorni dall’ultima iscrizione delle deliberazioni nel Registro delle imprese. Questo secondo quanto stabilito dall’ordinanza n. 20888/2019 della Cassazione. Innanzitutto, si ricorda che, ai sensi dell’art. 2500 commi 2 e 3 c.c., l’atto di trasformazione è soggetto alla disciplina prevista per il tipo adottato ed alle forme di pubblicità relative, nonché alla pubblicità richiesta per la cessazione dell’ente che effettua la trasformazione. La trasformazione ha effetto dall’ultimo degli adempimenti pubblicitari di cui sopra. Il successivo art. 2500-bis c.c. precisa che, eseguita la prescritta pubblicità, l’invalidità dell’atto di trasformazione non può essere pronunciata. Resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai partecipanti all’ente trasformato e ai terzi danneggiati dalla trasformazione.

Secondo quanto stabilito dagli artt. 2503 e 2506-ter comma 6 c.c., invece, fusione e scissione possono essere attuate solo dopo sessanta giorni dall’ultima delle iscrizioni previste dall’art. 2502-bis c.c., fatto salvo il consenso dei creditori delle società che vi partecipano anteriori all’iscrizione o alla pubblicazione prevista nel terzo comma dell’art. 2501-ter c.c., o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso, ovvero il deposito delle somme corrispondenti presso una banca, salvo che la relazione di cui all’art. 2501-sexies c.c. sia redatta, per tutte le società partecipanti, da un’unica società di revisione la quale asseveri, sotto la propria responsabilità ai sensi del sesto comma dell’art. 2501-sexies c.c., che la situazione patrimoniale e finanziaria delle società partecipanti rende non necessarie garanzie a tutela dei suddetti creditori.

Se non ricorre alcuna di tali eccezioni, i creditori sopra indicati possono, nel suddetto termine di sessanta giorni, fare opposizione. Si applica in tal caso l’ultimo comma dell’art. 2445 c.c. anche ai sensi degli artt. 2504-quater comma 1 e 2506-ter comma 6 c.c., infine, eseguite le iscrizioni dell’atto di fusione o scissione, l’invalidità dell’atto non può essere pronunciata. Resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione.

Rispetto a tale differente disciplina la Suprema Corte sottolinea come siano numerose le ipotesi di negazione dell’azione caducatoria ad opera del socio. In particolare, in riferimento alla mancanza della titolarità di azioni sufficiente ad impugnare (artt. 2377 comma 3 e 2378 comma 2 c.c.), alle nullità sanate (art. 2379-bis c.c.), alle ipotesi di impugnazione contro le deliberazioni di aumento del capitale, di riduzione reale del capitale e di emissione di obbligazioni dopo che sia trascorso il tempo dato dalla iscrizione della delibera nel Registro delle imprese (art. 2379-ter comma 1 c.c.), all’approvazione del bilancio relativo all’esercizio successivo (art. 2434-bis c.c.), nonché, per quanto specificamente attiene al caso in questione, alle deliberazioni di trasformazione, fusione e scissione, allorché l’atto sia stato stipulato ed iscritto nel Registro delle imprese, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 2500-bis, 2504-quater e 2506-ter c.c.

Secondo la Suprema Corte, sebbene l’art. 2500-bis c.c. non preveda un termine dilatorio di sessanta giorni entro cui i creditori possano proporre opposizione alla trasformazione, non è ravvisabile alcun contrasto con disposizioni costituzionali.

Solo con riguardo al caso di trasformazione eterogenea in società di capitali l’art. 2500-novies c.c. detta una disciplina analoga a quella prevista per fusione e scissione, in deroga a quanto disposto dall’art. 2500 comma 3 c.c. Tale trasformazione, infatti, ha effetto dopo sessanta giorni dall’ultimo degli adempimenti pubblicitari previsti dall’art. 2500 c.c., salvo che consti il consenso dei creditori o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso. I creditori possono, quindi, entro tale termine, proporre opposizione.

Si tratta, però, di una situazione giustificata dal fatto che si verifica la perdita della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali in capo ai partecipanti all’ente prima della trasformazione.

Niente di simile accade nella trasformazione, per quanto concerne il caso di specie, da S.r.l. a S.p.a. Si tratta di due società di capitali che offrono garanzie simili a terzi e creditori; i quali, anzi, in ipotesi di trasformazione dalla prima alla seconda, vengono a fruire di un più diffuso sistema di controlli societari e di più rigide prescrizioni.

La decisione in commento si conclude affermando che l’art. 2500-bis c.c. si collega alla tutela del pubblico affidamento ed alla “irregredibilità” degli effetti organizzativi prodotti, in funzione del buon andamento dell’impresa collettiva. È inoltre opinione diffusa che a beneficiare di una maggiore stabilità dell’agire sociale non siano i soli soci di maggioranza, ma anche il mercato nel suo complesso, in un contesto di ragionevolezza e proporzionalità della disciplina.