La definizione delle liti pendenti, disciplinata dall’art. 6 del DL 119/2018, consente di definire la lite ottenendo, in presenza di determinate circostanze, un abbattimento dell’imposta che può andare dal 10% al 95%.
Alcune casistiche specifiche sono state trattate nella circ. Agenzia delle Entrate 15.5.2019 n. 10.
Tra l’altro, è stato specificato che:
- non sono definibili le cartelle di pagamento scaturenti da meri omessi versamenti, nemmeno se il contribuente ha eccepito la violazione dei termini di decadenza (in-vece, la giurisprudenza ha optato per la tesi opposta se il contribuente, nei motivi di ricorso, censura profili di legittimità come la decadenza o la mancata comunicazione bonaria, Cass. 24.10.2014 n. 22672, 17.1.2019 n. 1158 e 27.9.2018 n. 23269);
- si può definire pagando il 90% dell’imposta se, al 24.10.2018, il giudizio di primo grado è stato sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (si rientra, infatti, pur sempre nel co. 1-bis, che ammette la definizione al 90% se il ricorso è iscritto nel primo grado);
- sono scomputabili gli importi versati in ragione della riscossione in pendenza di giudizio, a condizione che, nel frattempo, a seguito di vittoria del contribuente non sia-no già stati restituiti;
- nella definizione delle liti ai sensi dell’art. 7 del DL 119/2018 (riguardante le ASD e le SSD iscritte al registro del CONI al 31.12.2017), occorre pagare, a seconda dei casi, il 5% o il 10% di interessi, e occorre avere riguardo agli interessi “accertati”, indicati dunque nell’accertamento e calcolati di norma sino al giorno di emissione dell’atto.
L’Agenzia delle Entrate ritiene non definibili gli avvisi di liquidazione scaturenti dalla registrazione di sentenze e decreti ingiuntivi, essendo atti semplicemente liquidatori.
Tale presa di posizione non può essere condivisa nella misura in cui, come spesso acca-de, l’individuazione dell’aliquota da applicare nonché della base imponibile è tutt’altro che pacifica (vedasi, in questo senso, Cass. 24.6.2016 n. 13137, secondo cui si esprime “un’opzione impositiva sulla tipologia del presupposto imponibile e sul regime conseguentemente ritenuto ad esso applicabile”).
Le parti di atto impositivo che, tra un grado e l’altro del processo, non sono impugnate, diventano definitive essendosi formato il giudicato interno, dunque non entrano a far parte della definizione della lite.
In ragione di quanto esposto, l’Agenzia delle Entrate specifica che, se il giudicato interno si forma sull’imposta, la lite pende solo più sulle sanzioni, e può essere definita a costo zero (l’art. 6 co. 3 del DL 119/2018 stabilisce che se la lite riguarda solo sanzioni collegate al tributo, se il tributo è definito la definizione sulle sanzioni è a costo zero).
La formazione del giudicato interno sul tributo dà luogo ad una situazione di “tributo definito” (tributo che, a seconda dei casi, dovrà essere interamente pagato o interamente restituito).
In uno dei casi analizzati nella circolare, la Corte di Cassazione aveva accolto il ricorso dell’Erario sull’imposta (facendo automaticamente scendere il giudicato interno sull’imposta), mentre ha cassato con rinvio la sentenza per le sanzioni.
Per effetto dell’art. 6 co. 2-ter del DL 119/2018, se il contribuente ha vinto in tutti i precedenti gradi di giudizio e il processo pende in Cassazione al 19.12.2018, la definizione avviene pagando il solo 5% delle imposte.
Ciò presuppone una integrale vittoria del contribuente, quindi se su alcune parti dell’atto si è formato il giudicato interno sfavorevole al contribuente, in primo o in secondo grado, la definizione non può avvenire al 5%.
Non si può definire al 5% nemmeno la fattispecie in cui il contribuente abbia vinto intera-mente nei primi due gradi, la Cassazione (per motivi anche processuali) abbia cassato con rinvio la sentenza, il giudice del rinvio abbia accolto interamente le ragioni del contribuente e il processo in Cassazione avverso quest’ultima sentenza penda al 19.12.2018. Per la circolare, l’accoglimento del ricorso per Cassazione dell’Erario (che ha dato luogo alla cassazione con rinvio) impedisce di ritenere il contribuente vittorioso in tutti i pregressi gradi di giudizio.