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Ai fini dell’accertamento da redditometro è sufficiente per il contribuente dimostrare di aver avuto la disponibilità di determinate somme e che le medesime non fossero investite altrove.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11388/17, depositata il 09 maggio 2017, conferma che ai fini dell’accertamento da redditometro è necessario per il contribuente fornire unicamente la prova della disponibilità di determinate somme e che le medesime non siano state investite altrove.

Il caso nasce da un accertamento compiuto sulla base del “vecchio” redditometro. Per l’Agenzia delle Entrate alcuni investimenti effettuati dal contribuente, rappresentativi della sua capacità contributiva, non erano giustificati dalle disponibilità finanziarie e dai redditi dichiarati dallo stesso.

I giudici di legittimità chiamati ad esprimersi sul caso, richiamando un orientamento consolidato della Cassazione, davano ragione al contribuente, il quale non è tenuto a dare alcuna dimostrazione sull’effettiva destinazione del reddito esente o soggetto a tassazione separata. L’unica prova che il contribuente deve fornire consiste nell’esistenza di tali redditi.

In ipotesi di accertamento sintetico, dunque, è sufficiente che il soggetto accertato provi tramite idonea documentazione l’entità di tali disponibilità e la durata del loro possesso (Cassazione n. 8955/14). Per “idonea documentazione” è da intendersi anche l’esibizione degli estratti conto in grado di provare la durata del possesso dei redditi in questione e, dunque, che astrattamente le spese considerate in sede di accertamento siano state possibili con tali disponibilità, come affermato dalla successiva sentenza della Cassazione n.8995/15.

Si ricorda, infine, che le considerazioni sopra citate valgono anche per gli accertamenti fondati sul “nuovo redditometro”.