La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21242/2017, ha escluso la possibilità di emendare la dichiarazione nei casi di omissioni afferenti regimi opzionali e agevolazioni tributarie.
Il contribuente che sia incorso nella decadenza, qualora prevista normativamente, non può emendare la dichiarazione sul piano amministrativo, né può, in ambito processuale, opporsi alla pretesa erariale e, in quella sede, chiedere il riconoscimento del credito d’imposta. La Corte di Cassazione ritiene, infatti, non emendabile la dichiarazione in cui non sia stato previamente indicato un credito d’imposta, laddove la norma applicabile ne subordini la fruizione alla previa indicazione nel modello dichiarativo.
Con sentenza n. 21242/2017, infatti, la Suprema Corte accomuna le opzioni per i regimi contabili semplificati all’esposizione in dichiarazione di crediti d’imposta, o di perdite fiscali pregresse, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione o di altro adempimento di carattere formale, giungendo alla conclusione della inemendabilità della dichiarazione. Di conseguenza le predette opzioni, quali espressione di una manifestazione di volontà negoziale, possono essere rettificate soltanto se il contribuente sia in grado di dimostrare la rilevanza dell’errore con riguardo ai requisiti della essenzialità e della obiettiva riconoscibilità.
Tuttavia, alla luce delle modifiche intervenute per effetto del D.L. n. 139/2016, il contribuente può rettificare la propria dichiarazione fino alla scadenza dei termini per l’accertamento e pertanto risulta difficile negare la possibilità di correggere entro il medesimo termine anche quelle indicazioni formali nelle quali si sostanzia l’adesione ad un regime opzionale. La prima dichiarazione utile entro la quale sarebbe possibile optare per un regime contabile o per un’agevolazione potrebbe essere quindi quella successiva al momento in cui il contribuente si avveda dell’errore commesso.
Il rispetto delle regole procedimentali, che presuppongono l’obbligo del contribuente di esporre il credito nella dichiarazione e l’onere dell’Amministrazione finanziaria di poter disconoscere la spettanza del predetto credito, può trovare piena espressione anche nel caso delle cd “manifestazioni di volontà” del contribuente esplicitate in una dichiarazione integrativa da presentare entro il termine quinquennale (art. 2 DPR 322/1998). Una conferma di tale interpretazione potrebbe essere individuata nel più ampio termine concesso all’ente impositore per l’accertamento degli elementi emendati nel modello integrativo, atteso che i termini per l’accertamento delle imposte sui redditi e dell’Iva decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa limitatamente ai soli elementi oggetto di integrazione (art. 1, comma 640, lett. b), Legge n. 190/2014).