L’Iva non ammessa in detrazione a seguito della contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti, è deducibile dall’Ires in quanto onere accessorio del costo cui si riferisce.
La vicenda in questione riguarda la possibilità di dedurre, ai fini della formazione del reddito d’impresa, l’Iva indetraibile.
In via generale, ai sensi dell’articolo 99, comma 1 del T.U.I.R. è prevista l’indeducibilità dell’Iva in quanto questa rientra tra le imposte per le quali è normativamente prevista la rivalsa. Se però l’Iva risulta indetraibile, quest’ultima rappresenta un costo rilevante ai fine della determinazione del reddito d’impresa.
Con la sentenza n. 203.02.2017, la Ctp di Reggio Emilia si è espressa sulla deducibilità dal reddito d’impresa dell’Iva indetraibile ripresa dall’ufficio.
La vicenda trae origine dalla contestazione a una società in merito all’utilizzo di fatture riferite a operazioni inesistenti per le quali veniva ripresa sia la deducibilità del costo sia la detraibilità dell’Iva. In sede di adesione l’Agenzia ha successivamente annullato la ripresa del costo, in virtù della norma sulla deducibilità delle fatture soggettivamente inesistenti, mantenendo l’obbligo di versare la relativa Iva.
A seguito di definizione, il contribuente procedeva a presentare istanza di rimborso per l’Ires versata sull’Iva non detratta relativamente alle fatture contestate.
In altri termini, l’Iva così definita rappresentava un costo accessorio e in quanto tale avrebbe dovuto essere deducibile quanto il costo principale.
Sulla questione, infatti, la Ctp ha affermato che, anche se recuperata in caso di accertamento, l’Iva non detratta è subordinata allo stesso trattamento del costo a cui è riferita; a maggior ragione nel caso di specie in cui è stata confermata la deducibilità del costo principale.
In conclusione, il ricorso è stato pertanto accolto dando ordine all’ufficio di rimborsare l’Ires versata in eccedenza dalla società.