L’ordinanza n. 7137/2016, depositata dalla Corte di Cassazione in data 12 aprile 2016, afferma che il diritto al contraddittorio si applica solamente alle verifiche effettuate presso la sede del contribuente e non agli accertamenti c.d. “a tavolino”.
La questione nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento da parte di un contribuente che era stato sottoposto ad un controllo a tavolino, a parere del quale era stato violato il diritto al contraddittorio previsto dall’articolo 12, comma 7, dello Statuto del contribuente.
I giudici di merito hanno confermato la nullità dell’atto, ponendo pure attenzione al fatto che l’avviso era stato emesso senza aver predisposto un verbale di chiusura delle operazioni di controllo e senza aver rispettato il termine di 60 giorni.
Il ricorso per Cassazione, presentato dall’Agenzia delle Entrate, è giustificato dal fatto che, a parere dell’Amministrazione Finanziaria, le garanzie del verbale di chiusura delle operazioni di controllo e del rispetto dei 60 giorni sono previste solamente in ipotesi di verifiche effettuate presso la sede del contribuente.
La Corte di Cassazione ha accolto le doglianze dell’Agenzia delle Entrate.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24823 del 2015, ha affermato che le garanzie del verbale di chiusura delle operazioni di controllo ed il rispetto dei 60 giorni vanno applicate solamente in ipotesi di accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali nei quali viene esercitata l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente. Secondo quanto affermato dalla Cassazione, non sussiste una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale, ovverosia un principio generale secondo il quale l’Amministrazione Finanziaria, anche nel caso in cui non ci sia una specifica disposizione, sia tenuta ad attivare, pena la nullità dell’atto, il contraddittorio.