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La Corte di Cassazione con la sentenza 10222/2016, si è pronunciata sulla rettifica del valore di compravendita di un terreno, operata dall’Amministrazione Finanziaria, sulla base esclusivamente di una perizia da essa redatta, stabilendone l’illegittimità. Si tratta, infatti, di una valutazione di parte che va raffrontata con eventuali altri elementi prodotti dal contribuente.

La Cassazione ha ricordato che l’Amministrazione Finanziaria, dinanzi al giudice, si pone sullo stesso piano del contribuente, con la conseguenza che la relazione di stima di un immobile, redatta da un suo organo interno – nel caso in questione l’atto era stato redatto dall’Agenzia del Territorio – costituisce una relazione tecnica di parte e non una relazione d’ufficio. Ad essa, pertanto, va attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la sua provenienza e non anche per il contenuto estimativo.

In pratica, è stato affermato che la valutazione dell’ufficio non ha più valore rispetto ad una redatta da un tecnico privato e pertanto va considerata dal giudice al pari delle altre prove prodotte.

La Corte di Cassazione, nella sentenza sopra richiamata, sostiene che a fronte di un avviso di rettifica e di liquidazione che faceva generico riferimento a “precedenti stime”, nonché un quadro istruttorio privo di qualsivoglia elemento dimostrativo, il giudice avrebbe dovuto concludere per l’incongruità del valore per assenza di adeguata prova. Ciò anche in considerazione del fatto che i contribuenti avevano prodotto numerosi elementi di riscontro, completamente trascurati dal collegio di merito.

La decisione assume particolare rilevanza poiché richiama l’attenzione sulla necessità che le commissioni tributarie non si limitino a confermare la legittimità di una pretesa solo su una valutazione redatta dall’Ufficio stesso, trascurando così elementi più concreti e verosimili prodotti dai contribuenti.