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I costi afferenti a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti sono deducibili dal reddito a condizione che risultino integrati i requisiti ordinariamente previsti dal TUIR per la deduzione dei componenti negativi di reddito: l’effettività, l’inerenza, la competenza, la certezza e la determinatezza. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23314 del 15 ottobre 2013.

Il caso esaminato dai giudici è quello tipico di una frode carosello, peraltro in un settore molto a rischio come quello del commercio di metalli e rottami. La srl accertata aveva utilizzato delle fatture d’acquisto emesse da una “cartiera”, che di fatto risultava interposta rispetto al vero cedente. Il Fisco, quindi, recuperava a tassazione gli importi afferenti a detti fatture, ritenendo tali costi indeducibili dal reddito d’impresa.

Occorre ricordare, innanzitutto, che il decreto sulle semplificazioni dell’anno scorso (D.L. 16/2012), con l’art. 8, comma 1, ha modificato l’art. 14, comma 4-bis della L. 537/1993, prevedendo l’indeducibilità dei costi relativi a beni o servizi “direttamente utilizzati” per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale. Il successivo comma 3, poi, ne stabilisce l’applicazione retroattiva, a condizione che i provvedimenti non siano già divenuti definitivi.

Conseguentemente, i costi ascrivibili ad operazioni soggettivamente inesistenti non possono essere contestati in base alla nuova disciplina dei costi da reato, atteso che l’indeducibilità da questa prevista colpisce soltanto i costi relativi a beni e servizi “direttamente utilizzati” per il compimento degli atti illeciti, mentre nel caso di specie, così come generalmente accade in tutte le frodi di questo tipo, i beni sono acquistati ai fini commerciali (di solito per la rivendita), non essendo impiegati per la commissione del delitto. Da qui deriva l’impossibilità per il Fisco di avvalersi della disciplina dei costi da reato per decretare l’indeducibilità di quelli riconducibili ad operazioni soggettivamente inesistenti.

Nel caso affrontato dai giudici di legittimità, i giudici di merito avevano ritenuto che i costi relativi alle fatture contestate erano, in effetti, soltanto soggettivamente inesistenti, atteso che non vi era prova alcuna della mancanza di effettività delle operazioni ed, anzi, una parte delle merci oggetto di fatturazione era stata rinvenuta dalla Guardia di Finanza, in sede di ispezione, presso il magazzino della società.

Alla luce della giurisprudenza sin qui citata, si può concludere, quindi, che anche i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, sebbene non “colpiti” sic et simpliciter dall’indeducibilità prevista per i costi relativi a beni o servizi “direttamente utilizzati” per il compimento di reati, sono comunque soggetti alle regole generali di deducibilità dei componenti di reddito di cui all’art. 109 del TUIR, le quali devono essere vagliate dal giudice di merito per consentire la deduzione di detti costi.