Il periodo di crisi economica dei tempi odierni rende assai difficile far garantire all’imprenditore, assorbito da molteplici impegni di carattere, soprattutto, finanziario, una corretta osservanza degli adempimenti contabili obbligatori ex lege e, altresì, il più delle volte impedisce di affidare la tenuta della contabilità a professionisti esperti ed esterni alla società, a causa dei relativi costi.
Gli artt. 2214 c.c. e ss. stabiliscono libri e scritture contabili obbligatorie, nonché modalità di tenuta delle stesse che l’imprenditore deve osservare qualora eserciti un’attività commerciale; altresì indicano altre scritture necessarie in ordine alla natura e alle dimensioni dell’impresa, quali i libri sociali previsti dall’art. 2421 c.c., qualora ne ricorrano i presupposti.
L’importanza di una tenuta regolare e corretta della contabilità comporta che una sua manchevolezza, oltre a determinare conseguenze negative sotto il profilo dell’organizzazione e funzionamento dell’attività imprenditoriale, espone a possibili responsabilità penali l’imprenditore commerciale soprattutto laddove quest’ultimo incorra in una procedura concorsuale, ad esempio nel fallimento.
In quest’ultima fattispecie, infatti, verrebbe a profilarsi il reato di bancarotta documentale, nella sua duplice forma di fraudolenta, ex art. 216 L.F., e semplice, ex art. 217 L.F., rispetto al quale derivano diverse conseguenze:
– nella prima ipotesi è punito, con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che abbia sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li abbia in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari;
– nella seconda è punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non abbia tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li abbia tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Invero, da un punto di vista strettamente letterale la mera omissione, totale o parziale, delle scritture contabili obbligatorie parrebbe far propendere esclusivamente per l’ipotesi “semplice”, ossia di bancarotta semplice, poiché i libri e le scritture contabili, in quella fraudolenta, si presuppone vengano “tenuti”, ma con modalità tali da realizzare le ipotesi di reato descritte.
Sennonchè, una recente sentenza della Cassazione n. 37436 del 10 settembre 2014, seguendo un filone della giurisprudenza di legittimità (Cass. 6 agosto 2009 n. 32173 e Cass. 23 febbraio 2006 n. 6769), ha inteso integrare la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale con una casistica tipica della bancarotta semplice e, quindi, in ordine a quanto predetto, anche con l’omessa tenuta dei libri e delle scritture contabili, qualora si dimostri la consapevolezza che ciò potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio e del movimento degli affari, comportando così un aggravamento delle conseguenze penali in capo all’imprenditore, il quale viene, quindi, invitato ad una certosina e costante diligenza nella tenuta della contabilità della propria impresa.