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Con la risposta a interpello Agenzia delle Entrate 20.7.2020 n. 219 sono stati forniti, fra l’altro, i seguenti chiarimenti con riguardo alla possibilità per il cedente o prestatore di emettere note di variazione, qualora tale soggetto abbia pagato l’IVA accertata, ma non sia stato possibile incassare la stessa dal cessionario o committente a seguito dell’esercizio del diritto di rivalsa.

L’art. 60 ultimo comma del DPR 633/72 prevede che il soggetto passivo ha diritto di rivalersi dell’IVA (o della maggiore imposta) relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari o committenti, soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi.

La predetta rivalsa si differenzia da quella ordinariamente prevista perché ha carattere facoltativo, si colloca temporalmente in epoca successiva all’effettuazione dell’operazione e presuppone l’avvenuto versamento definitivo della maggiore IVA accertata da parte del cedente o prestatore.

La rivalsa operata ai sensi della citata disposizione ha natura di istituto privatistico. Di conseguenza, in caso di mancato pagamento dell’IVA da parte del cessionario o committente, il cedente o prestatore che intende recuperare l’imposta versata all’Erario deve adire l’ordinaria giurisdizione civilistica, in quanto non possono essere invocati altri istituti contemplati dalla disciplina IVA (nel caso specifico, la nota di variazione in diminuzione).