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Permane un atteggiamento ambiguo da parte della Cassazione circa i rapporti tra adempimento dell’obbligo di versamento degli acconti IVA e instaurazione della procedura concorsuale del concordato preventivo di cui all’art. 160 del RD 267/1942 e modifica le conclusioni assunte in una recentissima decisione.

È da tempo accertato che non sussiste il reato di cui all’art. 10-ter del DLgs. 74/2000 nel caso in cui il debitore sia stato ammesso al concordato preventivo in epoca anteriore alla scadenza del termine per il relativo versamento, per effetto della inclusione nel piano concordatario del debito d’imposta, degli interessi e delle sanzioni amministrative (Cass.n. 44283/2013 e Cass. N. 12912/2016).

Nella attuale impostazione della giurisprudenza, infatti, il concordato preventivo non rappresenta una manifestazione di autonomia negoziale (nel qual caso sarebbe incongruo riconoscere ad una iniziativa del debitore, che mira a sfociare nel c.d. patto concordatario con i creditori, una valenza tale da elidere gli obblighi giuridici, specie quelli aventi rilievo pubblicistico, come la previsione del versamento dell’IVA alla scadenza di legge) ma un istituto prevalentemente pubblicistico, per cui la redazione del piano e le conseguenze che ne derivano – con riferimento al caso che ci occupa, la dilazione del pagamento IVA – hanno rilevanza di carattere più generale, fra cui rientra per l’appunto anche quella, diretta alla soddisfazione del bene giuridico della par condicio creditorum, di precludere all’imprenditore sottoposto alla procedura il pagamento di crediti nel frattempo venuti a scadenza.

Nel prosieguo di tale cammino giurisprudenziale, la Cassazione è andata anche oltre, giacché in alcune occasioni – fra cui la recentissima decisione n. 36320 del 2019 della terza sezione penale –, superando infatti l’originaria tesi secondo cui il reato suddetto sussiste quando l’ammissione al concordato preventivo si verifichi dopo la scadenza del termine per il pagamento è conclusione indiscutibile, ha affermato che l’ammissione al concordato preventivo escluderebbe la rilevanza penale del mancato versamento dell’imposta sul valore aggiunto anche quando la scadenza per l’adempimento del debito tributario intervenga prima dell’apertura della procedura concorsuale (Cass. n. 39696/2018).

Si noti tuttavia che tale ultima impostazione è tutt’altro che consolidata posto che altre decisioni hanno subordinato l’irrilevanza penale del mancato pagamento dell’IVA quando il termine per l’adempimento del debito erariale scada prima dell’apertura della procedura concorsuale alla circostanza che in data antecedente alla scadenza del debito, sia intervenuto un provvedimento del tribunale che abbia vietato il pagamento di crediti anteriori.

A tale conclusione, i giudici di legittimità giungono sulla scorta della considerazione che secondo la giurisprudenza civilistica il pagamento non autorizzato di un debito scaduto eseguito in data successiva al deposito della domanda di concordato con riserva, non comporta, in via automatica, l’inammissibilità della proposta, dovendosi pur sempre valutare se detto pagamento costituisca, o meno, atto di straordinaria amministrazione ed, in ogni caso, se la violazione della regola della par condicio sia diretta a frodare le ragioni dei creditori, pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta negoziale formulata con la domanda di concordato.

Questa conclusione, tuttavia, non si confronta con le considerazioni sviluppate dalla citata decisione n. 39696 che richiamava la modifica, introdotta con l’art. 1 della legge di bilancio del 2017, dell’art. 182-ter del RD 267/1942, il quale – mentre nella versione precedente disponeva “per i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea” il divieto di pagamenti parziali, nelle transazioni fiscali – oggi riconosce come legittimo il pagamento parziale di un debito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo.

Sulla scorta di tale nuova disciplina, la Cassazione con la sentenza da ultimo riportata ha ritenuto che anche in relazione all’imposta sul valore aggiunto sia possibile un pagamento parziale o dilazionato nella procedura di concordato preventivo senza che ne derivino conseguenze penali a carico dell’imprenditore insolvente e ciò in quanto all’ammissione al concordato preventivo (e già dalla domanda) per legge (e quindi a prescindere da un esplicito divieto del giudice in tal senso) discende il divieto di pagamento dei debiti scaduti, senza autorizzazione degli organi della procedura, divieto sanzionato, a certe condizioni, anche con la revoca del concordato preventivo.