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Mediante il provv. 18.2.2019 n. 39209, l’Agenzia delle Entrate ha dettato le modalità operative per fruire della definizione delle liti pendenti, disciplinata all’art. 6 del DL 119/2018, provvedendo anche all’emanazione del modello di istanza, il cui termine per la presenta-zione scade il 31.5.2019.

Possono essere definite le liti appartenenti alla giurisdizione tributaria di cui è controparte l’Agenzia delle Entrate, pendenti alla data del 24.10.2018, riguardanti atti impositivi e re­la­­tivamente ai quali, al momento di presentazione della domanda, non si sia ancora for­mato il giudicato (rileva anche il giudicato interno, così come l’autotutela in diminuzione).

Nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate è stata confermata una definizione strutturata in modo simile all’art. 16 della L. 289/2002: pertanto, possono essere definiti i processi inerenti ad atti “impositivi” in senso sostanziale, essendo esclusi i ricorsi “aventi ad oggetto unicamente atti di mera liquidazione e riscossione (ad esempio, avvisi di liquidazione, ruoli e cartelle di pagamento)”.

Tale inciso va contestualizzato: non ci sono dubbi sulla possibilità di definire ruoli che, pur derivando da liquidazione automatica, hanno natura impositiva (il caso classico è l’IRAP dichiarata ma non versata per mancanza di autonoma organizzazione, Cass. 28.10.2016 n. 21872), così come quelli scaturenti da controllo formale (Cass. 3.5.2005 n. 9148) o da tassazione separata (Cass. 14.10.2008 n. 25167).

Secondo un orientamento, anche i semplici omessi versamenti di imposte dichiarate rientrano nella definizione (Cass. 17.1.2019 n. 1158), in contrasto con l’impostazione tradizionale dell’Agenzia delle Entrate.

La definizione può comportare uno stralcio, più o meno consistente, del tributo.

In relazione a ciò, è necessario distinguere:

  • se l’Agenzia delle Entrate è rimasta soccombente in primo grado, è necessario prov­vedere al pagamento del 40% delle imposte, con stralcio di sanzioni e interessi;
  • se l’Agenzia delle Entrate è rimasta soccombente in secondo grado (a prescindere dal fatto che in primo grado abbia vinto o perso), si paga il 15% delle imposte con stralcio di sanzioni e interessi;
  • se c’è stata soccombenza del contribuente, occorre pagare tutte le imposte (il beneficio consiste nel solo stralcio di sanzioni e interessi);
  • se il processo è iscritto nel primo grado di giudizio, si paga il 90% delle imposte (per l’Agenzia delle Entrate, occorre che il deposito del ricorso sia avvenuto entro il 24.10.2018);
  • se, al 24.10.2018, il processo pendeva in sede di rinvio oppure erano pendenti i termini per la riassunzione, la definizione opererà grazie al pagamento del 90% delle imposte (secondo quanto indicato nel provvedimento attuativo);
  • se il contribuente è stato vincitore in tutti i gradi di merito e, al 19.12.2018, il processo pende in Cassazione, si ha lo stralcio del 95% delle imposte.

Se la lite riguarda esclusivamente sanzioni non collegate al tributo (concetto molto sfuggente, che può intrecciarsi con la definizione degli errori formali di cui all’art. 9 del DL 119/2018), è richiesto il pagamento:

  • del 15% delle sanzioni in caso di vittoria del contribuente (senza distinzione tra primo e secondo grado);
  • del 40% negli altri casi (anche quando il contribuente è risultato soccombente in giudizio, e non si è formato il giudicato).

Il modello di domanda deve essere trasmesso entro il 31.5.2019. Considerato che, nello stesso, va indicato il pagamento delle somme o della prima rata, questo deve precedere la trasmissione del modello stesso.

Occorre indicare gli elementi strumentali all’identificazione del processo (dati del ricorrente, del resistente, valore della lite, numero di RGR o di RGA, ecc.). Per la Direzione provinciale, è necessario indicare il codice dell’ufficio legale.

La parte concernente la quantificazione delle somme da versare richiede particolare attenzione: infatti, se da un lato bisogna scomputare quanto versato a titolo di riscossione frazionata, dall’altro le “porzioni” di atto interessate da giudicato interno o da autotutela in diminuzione non entrano a far parte della definizione.

Nonostante l’art. 6 co. 9 del DL 119/2018 sancisca che si scomputano le somme versate “a qualsiasi titolo”, l’Agenzia delle Entrate ritiene non scomputabili gli aggi di riscossione.

Mediante la ris. 21.2.2019 n. 29, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo per poter eseguire i versamenti delle somme dovute per la definizione, utilizzando l’ordinario modello F24.

Ai fini della compilazione del modello, si rammenta che occorre indicare il “codice ufficio”, ricavabile nell’apposita sezione del sito Internet dell’Agenzia delle Entrate (se si tratta di Direzione provinciale, il codice è quello dell’ufficio legale). Inoltre, il campo “anno di riferimento” deve coincidere con quello riportato nella domanda di definizione.