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La Cassazione ha modificato il proprio orientamento sul fondamento del principio di inerenza, ma ne ha lasciata la nozione senza alcuna modifica e ha confermato la propria posizione in materia di antieconomicità.

Viene affermato che, anche se il principio di inerenza non è stabilito a livello normativo ma è “immanente” alla nozione di reddito e implica in ogni caso un giudizio solo qualitativo in ordine alle spese dedotte, gli uffici delle Entrate mantengono il potere di sindacarne la congruità in caso di comportamenti antieconomici.

È quindi per la prima volta smentito dalla Suprema corte, nelle ordinanze 450 e 3170 del 2018, il precedente orientamento interpretativo secondo il quale il principio di inerenza sarebbe stabilito dall’articolo 109, comma 5, del TUIR.. Citando l’articolo le spese e gli altri componenti negativi di reddito, diversi dagli interessi passivi “sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”. La Cassazione afferma che la disposizione si riferisce al “diverso principio dell’indeducibilità dei costi relativi a ricavi esenti”, mentre il principio di inerenza risulta “inespresso” e immanente alla nozione di reddito d’impresa. Analoghe conclusioni sono successivamente riportate nelle ordinanze 6288, 8893, 10242, 12416, 13882 e 20113 del 2018.

L’inerenza, quindi, secondo questo nuovo orientamento, non implica una valutazione “quantitativa” delle spese e ciò ha fatto sorgere il dubbio che non fosse più possibile per gli uffici sindacare la congruità delle stesse. Nell’ordinanza 450/2018, viene però affermato che l’antieconomicità costituisce un indice rilevatore della mancanza di inerenza. Nella sentenza 18904/2018 è stabilito che ai fini delle imposte sui redditi la valutazione di antieconomicità “legittima e fonda il potere dell’Amministrazione finanziaria di accertamento ex art. 39, primo comma, lett. d, DPR n. 600 del 1973”, anche se l’ufficio non può sindacare le scelte imprenditoriali. Inoltre, l’inerenza del costo ai fini Iva “non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruità della spesa, salvo che l’Amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopica antieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell’assenza di connessione tra costo e attività d’impresa”.

L’orientamento giurisprudenziale appena illustrato non appare molto coerente e sarebbe stata preferibile l’affermazione che il potere di sindacare la congruità non può mai essere ricondotto al principio di inerenza. Il comportamento antieconomico può, invece, in presenza di altre circostanze probatorie che consentono di effettuare l’accertamento analitico-induttivo del tipo citato sopra, continuare ad essere rilevante dimostrando, in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, che il corrispettivo diverge da quello contabilizzato.