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In caso di delocalizzazione di beni è ugualmente previsto il recupero del beneficio dell’iperammortamento. Tale previsione risulta da quanto definito all’interno del decreto Dignità che, in sede di conversione in legge, ha introdotto un’ipotesi aggiuntiva di beneficio fiscale che ricorre quando i beni agevolati sono, per natura, destinati all’utilizzo in più sedi produttive, anche al di fuori del territorio dello Stato.

Il decreto Dignità comprende, tra le varie tematiche, l’innovativa disciplina che prevede il recupero del beneficio dell’iperammortamento in caso di cessione o delocalizzazione dei beni. Nel caso della cessione il termine “investimenti” agevolati è stato sostituito con “beni” mentre è stata introdotta l’ipotesi aggiuntiva di esclusione dalla perdita del beneficio fiscale in caso di delocalizzazione. In questo modo si è cercato di recepire le istanze di quelle imprese che eseguono appalti all’estero, o realizzano commesse presso la sede del committente, e destinano il bene acquistato o assunto in locazione finanziaria alla “struttura produttiva” all’estero. È opportuno cercare di capire il tipo di delocalizzazione che l’impresa attua effettivamente in modo da capire se rientra o meno nella situazione indicata dalla norma. Un contributo fondamentale è dato dalla funzione del bene acquistato dall’impresa: se fosse quella di essere strumentalmente impiegato nell’attività che il soggetto residente svolge in siti produttivi mobili, temporanei, anche collocati all’estero che non si configurino come stabile organizzazione, questi rientrano nell’agevolazione. Se, invece, la sua funzione e la sua destinazione fossero duplici, allora il confine tra delocalizzazione e non delocalizzazione si farebbe più indistinto e diventa necessario fare ricorso ad apposito interpello amministrativo. La disposizione normativa appare decisamente estesa in quanto attribuisce rilevanza al concetto di “natura” del bene e alla possibilità di essere utilizzato in più sedi produttive della stessa impresa, piuttosto che alla “destinazione” o al “tipo di impiego”. Un ulteriore caso di assenza di delocalizzazione sarebbe quello in cui il rapporto tra soggetto residente e soggetto estero dovesse inquadrarsi nella forma del comodato d’uso, sempreché i beni (oggetto dell’agevolazione) siano destinati sin da subito ad un comodatario non residente. Diversamente se gli stessi beni, in origine impiegati in sedi produttive all’interno dello Stato, venissero dati in comodato a un soggetto estero, anche se appartenente allo stesso soggetto residente, si verrebbe a creare una situazione di delocalizzazione, in quanto la produzione che quel bene garantiva si svolgerebbe al di fuori dei confini nazionali.

In generale sono presenti importanti ambiguità che, in uno dei prossimi provvedimenti del Governo in discussione, andrebbero chiarite con una correzione sostanziale della norma o, quantomeno, una sua specificazione tramite apposito decreto ministeriale.