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Una errata imputazione a periodo di una componente reddituale che non abbia comportato danno per l’erario va sanzionata con un sanzione fissa di 250 euro.

L’art. 1, comma 4 del D.lgs. 471/97, riformulato dal D.lgs. 158/2015, sancisce che, ad esclusione delle ipotesi di condotte fraudolente, la sanzione per dichiarazione infedele – dal 90% al 180% delle imposte nella misura base – viene ridotta di un terzo quando l’infedeltà dalla errata imputazione a periodo, “purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente”; non sono previste invece limitazioni per i componenti negativi di reddito.

Ciò vale, nei casi di violazione di competenza fiscale, anche per i possessori di reddito di lavoro autonomo che abbiano dedotto, ad esempio, un costo in violazione al criterio di cassa.

Come anticipato, nel caso invece non risultino danni per l’Erario conseguenti all’errore di imputazione, opera la sola sanzione fissa di euro 250.

Al riguardo, si è pronunciata la Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo con la sentenza n. 334/1/17 del 19 giugno 2017 con la quale è stata rigettata la tesi dell’Erario in quanto si trattava di costi dichiarati posticipatamente.

In aggiunta, proprio per il caso trattato, esiste una causa di non punibilità, disciplinata dall’articolo 6 del D.lgs. 472/97, che impone di non irrogare sanzioni quando il contribuente, pur commettendo un errore nella competenza fiscale, abbia comunque osservato i principi contabili.

In ogni caso, in base a quanto riportato nella Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 131/2017, la riduzione del terzo di cui parla il comma 4 sopra richiamato postula un’attività accertativa e, dunque, non può essere applicata in sede di ravvedimento operoso.

Tuttavia, qualora la violazione abbia riguardato più annualità, e una di esse sia stata oggetto di accertamento con applicazione della riduzione di un terzo, per le successive essa può operare in sede di ravvedimento, posto che la violazione è stata già qualificata dall’organo accertatore.