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Con la sentenza n. 1545/2017, la Cassazione ha ridefinito la qualificazione giuridica che deve essere attribuita al rapporto che lega l’amministratore alla società.

La Cassazione con la sentenza n. 1545/2017 ha risposto in modo innovativo al quesito sulla qualificazione giuridica che deve essere data al rapporto che lega l’amministratore alla società.

Le sezioni Unite della Corte Suprema hanno rovesciato l’interpretazione elaborata più di vent’anni fa dallo stesso organo con la sentenza n. 10680/1994, stabilendo che il rapporto dell’amministratore con la società non è assimilabile né a quello di un lavoratore subordinato o parasubordinato, né a quello di un prestatore d’opera autonomo, e come tale non può essere definito da un contratto.

La decisione dell’organo supremo avrà notevoli riflessi nel quadro del diritto societario, in quanto l’uso del contratto come strumento per disciplinare i reciproci diritti e doveri tra gli amministratori e la società è una prassi attualmente molto diffusa.

Non potendo più adottare lo strumento del contratto per disciplinare il rapporto con gli amministratori, le società dovranno ricorrere agli strumenti tipici contemplati dal diritto societario e dal codice civile per definire le condizioni da applicare all’amministratore. A seconda delle fattispecie, tale disciplina dovrà essere adottata attraverso delibere dei consigli di amministrazione, ove esistenti, oppure tramite gli atti di nomina delle assemblee.

Relativamente ai contratti già firmati è difficile immaginare conseguenze gravi come la nullità degli stessi, in quanto il principio di salvezza degli atti giuridici dovrebbe permettere di salvaguardare l’efficacia di queste intese, che potrebbero essere trasformate in atti di impegno unilaterali delle società.

Un altro effetto della sentenza è di tipo processuale: d’ora in poi tutte le possibili controversie tra amministratori e aziende saranno giudicate dal tribunale delle imprese, in quanto viene meno la competenza del giudice del lavoro.

Non ci sono effetti, invece, sul trattamento fiscale e previdenziale dei compensi dell’amministratore, in quanto le norme che disciplinano questi profili sembrano prescindere dalla qualificazione dello stesso come lavoratore parasubordinato e, quindi, non subiscono modifiche per effetto del nuovo indirizzo interpretativo.