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Con la sentenza 5168/2016, la Corte di Cassazione, ha confermato la non imponibilità ai fini Iva dei beni inviati all’estero fuori dalla Ue per un’esposizione fieristica.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 5168/2016, ha stabilito che alla vendita di beni inviati all’estero fuori dall’Ue per un’esposizione fieristica spetta la non imponibilità Iva sul presupposto che, trattandosi di merci in temporanea esportazione, le stesse non hanno ancora perso la condizione di merci nazionali/nazionalizzate (in senso doganale) e pertanto, rientrano nella condizione prevista dall’articolo 7 bis, comma 1, Dpr 633/72.

La successiva vendita della merce comporta la trasformazione dell’operazione doganale in esportazione definitiva, con conseguente tassazione del bene nel Paese del consumo, integrando i presupposti della cessione all’esportazione, ai sensi dell’art.8, comma 1, del Decreto Iva. L’operazione ha effetti in termini di acquisizione della qualifica di esportatore abituale e di maturazione del plafond (per analoghe operazioni eseguite in ambito Ue, valgono le regole dell’articolo 17 della direttiva 2006/112 che, al verificarsi delle condizioni previste dalla norma, impongono l’identificazione ai fini Iva nello Stato membro cui i beni sono stati inviati). Tale concetto è stato ribadito più volte dalla Suprema Corte (nota 1248/1997; circolare 156/E/1999; nota 839/2000) e sottolineato anche in relazione alla vendita di beni spediti all’estero in un proprio deposito, al di fuori di un rapporto di consignment stock (risoluzione 58/E/2005), costituendo un orientamento ormai consolidato da parte della giurisprudenza, il quale comporta rilevanti sanzioni per il soggetto che decide di discostarsene, considerando tali operazioni come non imponibili ai fini Iva.

Quest’ultima scelta determina, infatti, l’effetto per il contribuente di ritenere tali cessioni rilevanti ai fini dell’acquisizione dello status di esportatore abituale e di farle concorrere alla determinazione del plafond per l’acquisto di beni e servizi senza applicazione dell’imposta (Dl 746/1983). In tal caso, entrate e uffici doganali potrebbero contestare allo stesso la riqualificazione delle cessioni come fuori campo Iva, eccependo l’effettuazione di acquisti/importazioni non assoggettati al tributo e la fruizione (indebita) del plafond per la parte alimentata dalle operazioni contestate. Il soggetto dovrà, così, procedere al pagamento dell’imposta e dei relativi interessi, oltre che della sanzione pecuniaria, prevista ai sensi dell’art. 7, comma 3, Dlgs 471/97, ovvero dal 100% al 200% dell’imposta non applicata. Tale soggetto, potrà però detrarre il tributo versato, al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui ha adempiuto all’obbligo di pagamento.