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Secondo quanto stabilito dall’art. 41, comma 1, lett. a), del DL n. 331/1993, le cessioni di beni effettuate da soggetti Iva italiani nei confronti di operatori UE vengono qualificate come operazioni non imponibili, in quanto alle stesse viene applicato il regime di tassazione nello Stato di destinazione dei beni.

La qualificazione di un’operazione commerciale, quale cessione intracomunitaria non imponibile ai fini IVA, richiede la contemporanea presenza dei seguenti requisiti:

  • la cessione deve avvenire a titolo oneroso;
  • la cessione deve prevedere il trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto;
  • il cedente e l’acquirente comunitario devono essere operatori economici, entrambi iscritti al VIES (VAT Information Exchange System – archivio informatico nel quale vengono registrati i soggetti autorizzati ad effettuare operazioni intracomunitarie);
  • la merce deve essere trasportata dall’Italia verso un altro Stato membro della UE.

Se non vengono soddisfatti tutti i predetti requisiti, la cessione risulta imponibile nello Stato in cui i beni esistono e quindi non rileva in alcun modo il paese di destinazione.

Ultimamente, l’attenzione dell’Amministrazione Finanziaria si è spostata sulla prova delle cessioni intracomunitarie.

Allo stato attuale non esistono norme nazionali, né sovrannazionali che indichino agli operatori le modalità con le quali è possibile fornire la prova dell’effettuazione di una cessione intracomunitaria.

Nel tentativo di colmare tale vuoto normativo, è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con alcune documenti di prassi.

In tale ambito giova rilevare quanto sia importante per il cedente essere in possesso di adeguate prove documentali che siano in grado di provare che i beni ceduti siano stati realmente trasferiti in un altro Stato UE.

Si riportano qui di seguito gli interventi di prassi più rilevanti effettuati dall’Agenzia delle Entrate e l’orientamento giurisprudenziale maggiormente significativo.

 

Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 345/E del 28/11/2007

L’Agenzia delle Entrate, sulla base dell’orientamento della  Corte di Giustizia UE del 27/09/2007, causa C-146/05, ha posto l’accento sul fatto che “spetta agli Stati membri stabilire quali siano i mezzi di prova idonei che il contribuente è tenuto a fornire per dimostrare l’effettività delle cessioni intracomunitarie e, in particolare, l’invio dei beni ad un soggetto identificato ai fini IVA in un altro Stato membro”.

Nel documento di prassi, l’Agenzia ha ribadito che l’invio dei beni in un altro Stato UE rappresenta “elemento costitutivo” della cessione intraUE, “in assenza del quale non può considerarsi legittima l’emissione di una fattura senza applicazione dell’imposta”. Lo stesso documento prevede che l’operatore italiano debba conservare:

  • la fattura emessa ex art. 41, DL n. 331/93;
  • il modello INTRA relativo alla cessione;
  • il documento di trasporto internazionale denominato “CMR” firmato:
    • dal vettore per presa in carico dei beni;
    • dal destinatario per ricevuta;
  • la rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento dei beni.

Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 477/E del 15/12/2008;

Il documento tratta la particolare tematica della cessione di beni intraUE “franco fabbrica”; in tale ipotesi, la consegna dei beni oggetto della cessione viene effettuata dal vettore incaricato dall’acquirente comunitario, presso la sede o magazzino dell’operatore italiano.

Il cedente incontra problemi operativi anche nella particolare fattispecie delle spedizioni a groupage, in cui le merci vengono caricate sul mezzo di trasporto da parte di più operatori e la lettera di vettura internazionale non viene certo consegnata ad ogni singola impresa cedente.

L’Agenzia delle Entrate menziona quanto già sostenuto dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza del 27/09/20074, causa C-409/04, con la quale è stato stabilito che : “l’esenzione della cessione intracomunitaria diventa applicabile solo quanto il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione e trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione”.

Da ciò si evince l’importanza data all’uscita dei beni dallo Stato UE del cedente.

Il cedente può provare l’effettivo invio dei beni all’acquirente UE mediante l’esibizione del documento di trasporto internazionale, oppure “con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in un altro Stato membro”. Nelle ipotesi in cui il cedente italiano non abbia curato in modo diretto il trasporto delle merci e quindi non possa esibire il predetto documento, la prova dell’avvenuta cessione intracomunitaria potrà essere fornita con qualunque altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state spedite in un altro Stato membro della UE. Pur tuttavia, l’Amministrazione Finanziaria non ha mai indicato in modo dettagliato quali documenti possano essere considerati idonei.

Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 19/E del 25/03/2013

La risoluzione fornisce chiarimenti in merito alla prova dell’avvenuta cessione intracomunitaria. In particolare, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto che il CMR elettronico costituisce un mezzo di prova idoneo a dimostrare l’uscita della merce dal territorio nazionale. Inoltre, costituisce un mezzo di prova equivalente al CMR cartaceo, un insieme di documenti dal quale si possano ricavare le stesse informazioni presenti nello stesso e le firme dei soggetti coinvolti, tra cui anche l’utilizzo delle informazioni estrapolabili dal sistema informatico del vettore, da cui risulta che la merce ha lasciato il territorio dello Stato ed ha altresì raggiunto il territorio di un altro Stato membro.

Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 71/E del 24/07/2014

Il documento di prassi tratta il tema di una vendita di una barca da diporto da parte di una società italiana ad un soggetto Iva francese. Nel caso specifico, il trasporto era stato effettuato a cura dell’acquirente francese e quindi il soggetto IVA italiano non era in grado di produrre, come prova dell’avvenuta effettuazione della cessione intracomunitaria, il documento di trasporto ufficiale “CMR”. In tale particolare ipotesi, secondo quanto indicato dall’Agenzia nelle Entrate nella risoluzione in oggetto, il cedente, al fine di provare l’uscita del bene dal territorio dello Stato, deve fornire una dichiarazione resa dall’acquirente che attesi l’avvenuto trasferimento fisico dell’imbarcazione. Il cedente avrà anche l’onere di custodire ed esibire, in caso di controllo, anche i documenti ufficiali, quali la fattura, la documentazione bancaria, il contratto di vendita, il passaggio di proprietà, l’atto da cui risulta la cancellazione dal registro italiano e quello che attesta l’avvenuta iscrizione nel registro francese ed il modello Intrastat relativo alle operazioni intracomunitarie.

Orientamento dottrinale

La dottrina prevalente in materia, tra cui Assonime, consiglia di inserire un’apposita clausola nei contratti relativi alle operazioni intracomunitarie e nei documenti di trasporto rilasciati dalle imprese di trasporto, che impegni convenzionalmente l’acquirente UE a comunicare l’eventuale mancata consegna della merce nel luogo di destinazione indicato nel documento di trasporto, oppure la consegna della stessa in un luogo diverso da quello indicato in tale documento.

Un’altra soluzione, se il cedente italiano non riesce ad ottenere dall’acquirente UE una copia del documento di trasporto controfirmato, potrebbe sostanziarsi in una attestazione ad hoc che certifichi la presa in carico della merce da parte del proprio cliente.

 

Orientamento giurisprudenziale

Corte di Cassazione, sentenza n. 13457 del 27/07/2012

La sentenza stabilisce quanto segue: “dalla lettera della legge emerge senza possibilità di equivoci che l’elemento della movimentazione fisica dei beni oggetto di cessione nel territorio dello Stato membro del cessionario deve costituire elemento strutturale della fattispecie normativa, cosicché la sua mancanza impedisce il riconoscimento dello stesso carattere della operazione”.

Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, l’onere della prova circa l’effettivo trasferimento dei beni nello Stato UE spetta al cedente, che emette la fattura non imponibile; ciò in ossequio a quanto previsto dall’art. 2697 C.c.: “l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è a carico di chi invoca la deroga”.

Per provare l’avvenuto trasferimento dei beni non risulta sufficiente che il cedente abbia acquisito il numero di identificazione (partita IVA) dell’operatore UE e lo abbia indicato nella fattura, dato che il testo normativo richiede in maniera espressa, quale presupposto della non imponibilità, che i beni abbiano fisicamente raggiunto il territorio di un altro Stato membro.

Quanto sopra è stato ribadito più volte dalla stessa Corte di Cassazione (sentenze 3.5.2002, n. 6351; 26.5.2006 n. 12608; 13.2.2009, n. 3603; 7.10.2011, n. 20575).

Nella sentenza n. 13457 in discussione, la Corte di Cassazione pone l’accento sul fatto che l’operatore italiano che effettua una cessione INTRAUE:

  • non è tenuto “a svolgere attività investigative sulla movimentazione subita dai beni ceduti dopo che gli stessi siano stati consegnati al vettore incaricato dal cessionario”; 
  • ha il dovere “di impiegare la normale diligenza richiesta ad un soggetto che pone in essere una transazione commerciale e, quindi, di verificare con la diligenza dell’operatore commerciale professionale le caratteristiche di affidabilità della controparte”.

Corte di Giustizia UE sentenza 6.9.2012 causa C-273/11.

La sentenza 6.9.2012, causa C-273/11, della Corte di Giustizia Ue tratta l’interpretazione dell’art. 138 della Direttiva n. 2006/112/CE.

In tale occasione la Corte di Giustizia UE ha ribadito che spetta al Giudice valutare se il cedente ha posto in essere un atteggiamento “diligente” nel verificare l’effettività della cessione intraUE.

Si riporta qui di seguito un estratto del Comunicato stampa n. 111/12, pubblicato dalla Corte di Giustizia UE in data 6.9/2012: “Qualora il venditore abbia adempiuto i suoi obblighi derivanti dal diritto nazionale e dalla prassi abituale in materia di prova, non può essere considerato debitore dell’IVA nello Stato membro di cessione laddove l’obbligo contrattuale di spedire o trasportare detti beni fuori da tale Stato membro non sia stato assolto dall’acquirente. Infatti, in una tale ipotesi, è l’acquirente che deve essere considerato debitore dell’IVA nello Stato membro di cessione.

Tuttavia, … l’esenzione dell’IVA connessa a un’operazione intracomunitaria non può essere accordata al venditore se sapeva o avrebbe dovuto sapere che tale operazione rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato le misure cui poteva ragionevolmente ricorrere per evitare l’evasione medesima.

Infine, … il beneficio del diritto all’esenzione dell’IVA non può essere negato … per la sola ragione che il numero d’identificazione IVA italiano dell’acquirente è stato cancellato dal registro dei soggetti passivi con effetto retroattivo. Infatti, un’irregolarità relativa a detto registro, la cui gestione rientra nella competenza delle autorità nazionali, non può essere addebitata a un soggetto passivo che si sia fondato sui dati ivi figuranti”.